Esce dal coma cantando e vince il festival di Sanremo

pizziMagari la signora che si sveglia cantando potesse andare al Festival di Sanremo, con buone speranze di vincerlo. Non è così, non ci sono scorciatoie.

C’è qualcosa di distorto nella comunicazione. Lo dico da giornalista, condividendo i problemi dei miei colleghi, ma notando i danni che si possono fare nelle comunicazioni sui media. Mi riferisco al recente caso della signora di 68 anni a Messina che si sveglia dal “coma” dopo quattro anni, in maniera improvvisa, che fa gridare al “miracolo” accendendo i riflettori, mettendo in moto il circo mediatico e suscitando l’attenzione dell’opinione pubblica.

Che cosa ci sia dietro questo risveglio non sempre è approfondito. La notizia, fa notizia, i giornalisti ne parlano, i termini si rincorrono in maniera vorticosa, a volte si contraddicono, ma ciò appare chiaro solo ai più esperti. Per cui coma, stato vegetativo, locheed in (o sindrome del chiavistello), tutto diventa secondario rispetto al fatto che “si è svegliatoa/o” e tanto basta. Notizia sicuramente da approfondire che ci può stare con un “risveglio tardivo” o con una condizione diversa dallo stato vegetativo e che si potrebbe anche connotare in quel 30% di errore diagnostico ( come evidenziato dal progetto Vesta di oltre 24 Ordini dei Medici Italiani) comunque ben al di sotto della media europea oltre il 40%.

Leggendo più approfonditamente le notizie di stampa si apprende che la signora è allettata, tetraplegica e che i familiari si battono per una struttura di ricovero, specializzata ed in grado di continuare le cure, che possa aumentarne il benessere e che la possa aiutare nel suo cammino.

Ed è questa la parte più oscura della notizia che andrebbe messa in evidenza: i percorsi di cura oltre gli eclatanti risvegli. Ed è per questo che sui social i familiari che vivono una condizione simile si indignano. Loro sanno perfettamente, come gli stessi medici e familiari della signora di Messina che cosa é un risveglio e quali problemi comporta: è un percorso che pochi raccontano, fatto di piccoli passi, di tante battute d’arresto. Fatto di tante discese e di molte salite. E un quotidiano che accende la speranza e subito dopo la spegne, che ti fa andare come su un otto volante, che ti fa trattenere il respiro e fare i conti con  vuoti d’aria. Che assorbe la vita di tutta una famiglia tra aspetti emozionali e problemi economici. Ma questo interessa? Certo che interessa, perché fa parte della vita di queste persone e di tutto il mondo che le circonda. Magari non si racconta, ma ne fa parte.

Per cui, mentre bisogna lasciare sempre una finestra aperta (perché tutti possano affacciarsi), i portoni che aprono gli eclatanti risvegli possono essere utili solo se non si alimentano false speranze o possibili scorciatoie, rispetto invece ad un percorso complesso spesso difficile di “risveglio” che va comunicato e riguarda tutti coloro che si occupano di riabilitazione e di percorsi di reinserimento socio-educativo.

Quindi, se il canto è accennato, Sanremo è molto lontano. Ci vogliono percorsi di cura, strutture riabilitative efficienti, partecipazione e interventi  delle istituzioni, maggiore integrazione tra le associazioni, sostegno alla ricerca, anche quando i riflettori sono spenti ( e per le migliaia di persone che in italia vivono la condizione dei loro cari in stato vegetativo le giornate sono molto buie).

Bisogna anche che i media siano più disponibili a scoprire questa realtà, oltre gli eclatanti risvegli, sapendo che, anche se il portone rimane chiuso, la finestra è sempre aperta.

 

 

 

 

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